Veneto in bici
Tour dolomitico
da Tai di Cadore
a Belluno
(BL)
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Settima tappa del nostro tour, abbandoniamo La Lunga Via delle Dolomiti per discendere lungo la valle della Piave sino a Belluno.



LE TAPPE

1- Rivoli Veronese - Trento
2-
Trento - Bolzano
3-
Bolzano - Bressanone
4-
Bressanone - Monguelfo
5-
Monguelfo-Lienz
--
Visita Dobbiaco e San Candido
6-
Dobbiaco-Cimabanche
6-
Cimabanche-Tai di Cadore

   

Belluno "Porta Rugo" con alle spalle il "Gruppo Schiara" visto dal nostro B&B al calar del sole




Perarolo di Cadore - La Piave a Longarone - Belluno


Lunghezza
Diff.
Dislivello
Fondo
Percorso
Pend. med./max.
Panoramico
Fontanelle
Punti ristoro
mio Voto
42km
-500m
asfaltato
Ciclab/strad
2% - 6%
✩✩✩
✩✩
✩✩✩✩

 

 

 

 

 



Ormai il GPS Garmin é diventato solo un peso e non ne vuole sapere di funzionare, quindi anche questa volta i dati sono ricavati da Google Earth, per ò se volete qualche cosa di più preciso lo potete trovare qui si tratta di una mappa realizzata da Bellunoinbici




Il malfunzionamento del GPS della Garmin non ha permesso l'acquisizione dei dati altimetrici. Questi sono dati presi da Google Earth e dovrebbero essere vicini alla realtà con circa 500m di dislivello negativo e 42km di lunghezza della tappa.



IL PERCORSO

Il percorso é quasi tutto in discesa o in falsopiano. Ci si trova nella valle formata dal fiume La Piave (non é un errore, si scrive La Piave e non Il Piave), si percorre la vecchia strada Alemagna passando per piccoli centri abitati caratterizzati ognuno dalla loro storia legata al fiume Piave.
Non abbiamo fatto foto da Calalzo di Cadore verso Pieve di Cadore anche perché questo tratto è già stata pubblicato precedentemente e lo potete trovare
qui



SETTIMA TAPPA
da
Tai di Cadore a Belluno

 



Lasciata la nuova statale, deviamo a destra subito prima dell'altissimo "ponte Cadore" (attenzione segnaletica carente: NON imboccarlo, è molto pericoloso e si finirebbe in 4 lunghe gallerie!) e proseguiamo verso Perarolo in una divertente discesa (pressoché priva di traffico, eccetto i pochi frontisti): é la vecchia "Cavallera", il tratto più difficile della strada d'Alemagna, costruita dagli Austriaci nel 1830. Da un piccolo spiazzo Alberto si ferma a immortalare l'altopiano di Caralte e al centro la "Spalla del Duranno", al confine tra Cadore e Friuli.

In basso nella foto è la forra del Piave dove sorgeva il "cìdolo di Sacco". L'edificio nella foto è una vecchia centralina che si trova proprio nel luogo del cìdolo, purtroppo demolito e sostituito da un ponticello di cemento.

Nota: Il cìdolo è una barriera posta lungo il fiume la Piave. Questa serviva a fermare i tronchi d'albero tagliati a monte e fatti fluitare sulle acque. Più avanti troverete maggiori delucidazioni in merito.




Questa è la lapide scritta in latino e fissata alla roccia lungo la Cavallera, con nomi di architetti, ditta costruttrice, ecc., ma il nome dell'imperatore asburgico, Francesco II, è stato cancellato a scalpellate, probabilmente dopo l'annessione del Veneto all'Italia nel 1866... In basso a destra si legge distintamente, in numeri latini, la data 1830.
foto e citazioni concesse dal prof. Bortolo Calligaro.




Nella valle nulla resta immutato e questo é il viadotto "ponte Cadore" dove corre la nuova sede della SS51 d'Alemagna.




Come si vede sulla vecchia SS51 Alemagna gli impatti paesaggistici sono meno importanti essendo a ridosso delle pareti rocciose che però soffrendo delle cadute massi o sassi sono ricoperte da reti protettive.

Sono ovviamente due modi costruttivi differenti adottati in epoche diverse. Oggi ben difficilmente si metterebbero a progettare strade di questo tipo.

Resta però il fatto che nel percorrere strade di questo tipo si subisce un certo fascino legato all'antico, ben differente dal percorrere i nuovi viadotti presenti a valle, qui ti senti ancora a contatto diretto con la natura, invece a valle sei sospeso nel vuoto, anche se qualche scorcio paesaggistico è migliore!




Alla fine della discesa attraversiamo il ponte sul Rio Boite qui nella foto e arriviamo a Perarolo. In alto il Monte Zucco.




Perarolo di Cadore chiesa parrocchiale di San Nicolò costruita fra il 1861 e 1863

Perarolo risale al XIII sec, posta sulla confluenza della Piave e del Boite ha sempre avuto una importanza legata alla fluitazione del legname sulle zattere e alla sua lavorazione e commercio.
Era anche un importante porto che raccoglieva e smistava i tronchi che scendevano sia lungo la Piave che lungo il Boite.

Ora a Perarolo si trova il museo del Cidolo.
Il Cìdolo è una chiusa artificiale in grado di arrestare la corsa dei tronchi che scendevano lungo i corsi d'acqua. Sul finire di primavera, nel bacino a monte dello sbarramento della Piave galleggiavano fino a 350 mila tronchi. A fine giugno aveva luogo lo smistamento dei tronchi alle varie segherie distribuite fra Perarolo e Longarone.




Faccio il mio ingresso verso Perarolo di Cadore passando il ponte sul Rio Boite



La chiesa in Origine era di dimensioni maggiori ma a causa del terreno friabile la Navata centrale cedette e fu demolita e ricostruita il legno come si presenta ancora oggi.

Che il tutto sia stato ricostruito in legno direi che la cosa non deve sorprendere, Perarolo é stato per secoli il punto di partenza da dove veniva imbarcato su zattere il legname che riforniva la Serenissima repubblica di Venezia.

Oltre a questo penso che essendo il peso specifico del legno inferiore agli altri tipi di manufatto, questa sia stata la scelta migliore per non gravare sul terreno friabile.




La fortuna ha voluto che nell'avvicinarci alla chiesa fosse presente il parroco che gentilmente ci ha permesso una visita dell'interno. In questa foto é la navata in legno.

A fianco metà del rosone originale prima che la navata crollasse.






Le due foto sopra rappresentano le due metà in legno che formavano il rosone centrale della chiesa in origine; Come potete vedere anche dalla foto della navata le dimensioni del rosone se rapportate alla odierna navata fanno capire le dimensioni che poteva avere la navata originale.




L'abside con l'altare. L'abside ha uno stile diverso rispetto alla navata, il primo è più rialzato con un pavimento in (marmo o granito) e le pareti intonacate, mentre la seconda è più spartana.




Ne approfittiamo per salire anche sul campanile in legno




Trovarsi all'interno di una vecchia costruzione in legno già da sé è un qualche cosa di poetico, e salire le ripide scale in legno e l'uscire attraverso una botola ti fa sembrare di essere immersa in una avventura!




Siamo in effetti immersi nel passato con legni consunti e ferri arrugginiti e la campana in bronzo mi pare datata 1920. Ce ne sono tre di queste campane, ognuna con la sua tonalità.




Una vista dal campanile verso il monte Zucco




Sempre una vista dal campanile, ora verso il ponte sul Rio Boite


Scendiamo le ripide scale a pioli in legno facendo ben attenzione a dove mettiamo i piedi!




Concludiamo la nostra visita alla parrocchiale di Perarolo immortalando il campanile in legno. Abbiamo fatto appena in tempo a scendere dato che le campane hanno suonato le 11,30!!



Lasciamo Perarolo con questa vista dall'alto in veste invernale, foto concessa dal prof. Bortolo Calligaro.


A sud il corso della Piave



Oltre le montagne in fondo la nostra meta: Belluno. Io riprendo la misera portata della Piave che scorre verso sud.




La strada non é per nulla monotona facendo variare le viste sui monti. Il traffico è pressoché inesistente dato che la maggior parte delle auto si muove sulla nuova sede della SS51 d'Alemagna che è sotto di noi.




Passiamo da Rivalgo, si scorge in fondo la chiesetta di S.Giovanni




Un colpo d'occhio sulla tortuosa valle



Dopo circa 16km arriviamo ad Ospitale di Cadore.




Chiesetta della SS Trinità ad Ospitale di Cadore



Io controllo ancora i postumi della caduta in Alto Adige, qualche crosticina incomincia a sollevarsi.

A sx. il ponte in pietra è quello dove passa la linea ferroviaria che termina poi a Calalzo di Cadore.

La linea ferroviaria Ponte nelle Alpi-Calalzo, costruita intorno al 1910, dovette superare grandi difficoltà morfologiche e presenta soluzioni ingegneristiche ardite, come questo viadotto tra due gallerie nelle foto sottostanti.







Ponte ferroviario fra due gallerie


Proseguiamo verso Termine di Cadore, sulla montagna di fronte una cascata scende a valle, dicono che d'inverno ovviamente col gelo forma ammassi di ghiaccio.


La Frazione di Davestra sulla sponda sx della Piave. Al centro, la Chiesa di Sant'Antonio




Passiamo per Termine di Cadore. In centro alla foto il campanile della Chiesa di S.Maria Maddalena.

Fino ad ora nei paesini che abbiamo attraversato non abbiamo incontrato molta gente se non qualche anziano.

Da Termine di Cadore c'è il tratto più pericoloso di tutta la tratta: finisce la strada nuova, si deve attraversare la statale in un punto molto pericoloso e proseguire per un km e più sulla vecchia sede, stretta, tortuosa e in salita, con traffico molto intenso, fino all'entrata di Castellavazzo, preceduta dal passaggio a livello della linea ferroviaria Ponte nelle Alpi-Calalzo.

A Castellavazzo ci fermiamo a pranzare.




Dopo il pericoloso attraversamento della statale, sulle rocce che sovrastano la strada, a fatica si scorge l'antica torre triangolare della "Gardona", parte di una fortificazione veneziana, incorniciata da un ponte della ferrovia. Segnava il confine tra Bellunese e Cadore




Eravamo nel Cadore, ora ne stiamo uscendo per entrare nel Bellunese, lo testimonia il cartello identico a quello che avevamo incontrato alla Dogana Vecchia dopo aver lasciato Cortina d'Ampezzo.

Siamo in Agosto e il livello della Piave è molto basso, sia per la mancanza di piogge, sia per l'utilizzo delle acque che ne fanno le varie centrali idroelettriche a monte e con l'acqua trattenuta negli invasi idrici.




Ci fermiamo a mangiare in una trattoria proprio di fronte a questa fontana. Riempiti con un bel piatto di linguine con acciughe e capperi siamo pronti per andare all'appuntamento per visitare il Museo degli Zattieri a Codissago.



Terminato il pranzo ci dirigiamo verso Codissago che si trova al di là della Piave, giusto sopra la bandiera, mentre sulla destra si trova Longarone. Per chi fosse giovane questo punto fu il teatro di una delle tragedie Italiane del recente passato.

Era il 9 ottobre del 1963 quando una frana di proporzioni enormi si staccò dal monte Toc sopra la diga del Vajont. La diga resse ma la frana fece tracimare un grande onda che scavalcò la diga scendendo ad alta velocità verso valle.

Incanalata nella gola della montagna con la sua onda d'urto spazzò via l'abitato di Longarone che all'epoca era sul fondovalle. Il disastro causò più di 1900 vittime

Longarone oggi. Il paese è stato ricostruito a ridosso della montagna, sulla sponda dx della Piave


Dal ponte di Codissago una vista verso nord, sul Piave e la chiesa di Castellavazzo




A Codissago incontriamo il Prof. Bortolo Calligaro e Arnaldo Olivier che ci introducono al Museo dei Zater di cui Arnaldo é Presidente.




Il Prof. Bortolo Calligaro ci accompagnerà sino a Belluno al B&B. Vi ricordo che Bortolo è anche il Presidente della sez. FIAB di Belluno "Amici della Bicicletta"




Un tuffo nel passato, non c'erano le autostrade, i treni o i pullman, ma sulle zattere giustamente si pagava per la fatica che facevano gli zattieri!




Una distinta di carico più recente! Questo e altro interessante materiale lo troverete all'interno del museo.




Si passa poi alla visita della Segheria alla Veneziana del 1883




L'interno della segheria



Nonostante il tempo sia passato il meccanismo è ancora funzionante. Il progetto iniziale si basa sulla sega idraulica di Leonardo da Vinci e sfruttava il corso della Piave. Oggi funziona con l'energia elettrica.



Zattere e Zattieri è un DVD realizzato dalla Comunità Montana Cadore Longaronese Zoldo www.clz.bl.it e riassume la storia degli Zattieri della Piave. Il DVD è reperibile anche nello stesso museo.




Foto ricordo, a sx il Prof. Bortolo Calligaro, al suo fianco Arnaldo Olivier e poi noi, i ciclisti per caso



Lassù in cima si scorge la diga sul Vajont mentre Bortolo ci racconta come avvenne la tragedia e i suoi risvolti.


Molti pensano che la diga sia crollata, invece la diga ha retto. E' stato invece il distacco di un grosso fronte del Monte Toc, che la sera del 9 Ottobre del 1963 precipitando nell'invaso, ha provocato un'onda altissima che in un attimo ha superato la diga riversando a valle una quantità impressionante d'acqua che ha spazzato via Longarone e i suoi abitanti provocando oltre 1900 morti. Quest'anno, nel 2013, cade il 50° .




Dopo la tragedia l'invaso è stato svuotato ed appare così, con la cascata del torrente Vajont che versa le sue acque nel solco naturale scavato dal tempo.


Un mulino didattico, viene utilizzato per far vedere alla scolaresche come si ricavava una volta l'energia sfruttando la caduta dell'acqua incanalata sulla ruota del mulino.

Il principio che poi è stato mutuato e perfezionato con la realizzazione delle centrali elettriche a turbina



Da Codissago il Prof. Bortolo ci illustra Longarone e i suoi mostri di cemento che nulla hanno a che fare con il vecchio paese.




Bortolo ci accompagna sino a Belluno attraverso strade secondarie poco trafficate. Qui stiamo entrando a Polpet, storica frazione del Comune di Ponte nelle Alpi.




Poco più avanti ci fermiamo nel centro di Polpet a rinfrescarci in un bar con una bibita. Il caldo non molla e le scorte d'acqua sono terminate!




Avvicinandoci a Belluno possiamo ammirare, incoronato dalle nubi, il gruppo dolomitico della Schiara, che con le sue pareti verticali domina la città a nord. La vetta della Schiara, 2550 m. s.l.m., è la massima elevazione del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. Alla sua sinistra si scorge la "Gusela (= ago) del Vescovà", guglia monolitica alta 40 metri, a cui i bellunesi sono molto affezionati. Si può raggiungerne la base salendo per la "ferrata Zacchi", se non si soffre di vertigini...




A Cusighe, ormai in periferia di Belluno, possiamo ammirare una delle tante ville padronali sei-settecentesche che impreziosiscono la Valbelluna: questa è la villa Sanmartini-Butta, ora De Rigo.




Il Ponte degli Alpini scavalca la valle del torrente Ardo e collega la periferia est al centro cittadino: stiamo per arrivare! Questo ponte è stato costruito negli anni '60 e adeguato alle norme antisismiche. Ai lati il passaggio ciclopedonale.




Agli ingressi del ponte degli Alpini si trovano due statue dedicate al centenario del corpo degli alpini celebrato nel 1972. Questa è la statua che si trova sul lato ovest del ponte, verso la stazione e il centro cittadino.

La città di Belluno si sviluppa da entrambe le parti del ponte, a est (Oltrardo) la zona più abitata, sviluppatasi nel dopoguerra, ad ovest la zona del centro storico.



Entriamo in piazza dei Martiri, la piazza principale di Belluno. In fondo a destra il Teatro Comunale del primo 800 (con le colonne) e in lontananza i monti dell'Alpago




Mi faccio ritrarre in piazza dei Martiri, dedicata ai 4 partigiani che furono impiccati ai lampioni dai nazisti, nel marzo 1945.

Prima si chiamava piazza Campitello, "Campedèl" in dialetto bellunese. Sulla destra il "listón", marciapiede lastricato per il passeggio, tipico delle città e cittadine venete.

Quando piove o nevica, si può comunque passeggiare sotto i comodi portici degli edifici che racchiudono, con un ampio arco continuo, il lato nord della piazza. "Se vedón (= ci vediamo) in Campedèl" o " se vedón sul listón", era il semplice appuntamento che ci si dava nell'era pre-cellulari...

 

Simpatiche aiuole ci danno il benvenuto nei giardini del "Campedél"



Dalla terrazza di un bar assistiamo al tramonto mentre il Piave "mormora calmo e placido" avanzando verso sud-ovest.
Sullo sfondo le morbide linee delle Prealpi bellunesi-trevigiane



I baldi inviati di bellitaliainbici.it immortalati con vista sul "sacro fiume", purtroppo non abbastanza sacro da scampare al super-sfruttamento idroelettrico ed irriguo (probabilmente il bacino fluviale più sfruttato e depauperato d'Europa), a favore di industria e agricoltura della pianura veneta. Con le tragiche conseguenze già ricordate, di quasi 2000 valligiani uccisi.




Porta Dojona, ingresso principale al centro storico medievale. La facciata in pietra, con l'immancabile leone alato di San Marco, è della metà del '500.




Il Palazzo dei Rettori veneziani, edificato alla fine del '400 in stile rinascimentale sopra un precedente edificio fortificato, ora sede della Prefettura. La sua elegante facciata chiude a nord piazza Duomo, la parte più monumentale del centro storico, sede da secoli dei palazzi del potere civile e religioso. Sulla destra la Torre dell'Orologio.




Sul lato ovest della piazza sorge la Basilica Cattedrale di San Martino, ricostruita nei primi decenni del '500, dalla caratteristica facciata incompiuta. Il campanile di pietra è del '700, progetto del grande architetto piemontese Juvarra




Di fronte al Duomo la chiesetta di S. Maria delle Grazie, dal '500 funge da Battistero.




Il prof. Bortolo Calligaro ci fa da "Cicerone" per le vie di Belluno.




L'antica chiesa di S. Maria dei Battuti, sconsacrata da lungo tempo, recentemente restaurata, sede prestigiosa dell'Archivio di Stato




Via S. Maria dei Battuti, pavimentata con i ciottoli di fiume (in dialetto "cogolà), una delle più suggestive del centro storico medievale. In fondo il campanile dell'ex chiesa della foto precedente. Stiamo arrivando al B&B "Centro Sorico", dove pernotteremo.




Panorama sull'Oltrardo e i monti che chiudono a est la Valbelluna: il primo a sinistra, con due punte, è il monte Toc, già ricordato per il disastro del Vajont. Al centro il Dolada e a destra i monti dell'Alpago, panorama ripreso dal terrazzo del B&B




Dal terrazzo del B&B si scorge porta Rugo, l'entrata meridionale della città antica, da dove si scendeva al Borgo Piave, per secoli importante porto delle zattere che facevano tappa nel viaggio da Perarolo a Venezia. Qui vediamo l'arco esterno, secentesco, della porta medievale. Sulla destra il gruppo della Schiara.




57 Il Monte Serva che svetta sui tetti di Belluno,ripreso dal terrazzo del B&B



Il tramonto! Sulla destra, tra nubi e bagliori, le aspre ed impervie Alpi Feltrine, sempre parte del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. Foto scattata dal terrazzo del B&B





Piazza dei Martiri, il Campedél all'imbrunire, visto d'infilata dai leoni di pietra davanti al Comunale




Alberto mangia una baguette bellunese con sesamo, funghi, mozzarella e speck, io mangio la Pizza Cecco con zucca, speck, mozzarella, scaglie di grana. il tutto é stato anticipato da due insalate miste.



CONCLUSIONE

Oggi la tappa é stata breve, ma in soli 42 km abbiamo attraversato bellezze paesaggistiche uniche al mondo e soprattutto abbiamo attraversato vicende storiche di epoche lontane legate al corso della Piave.

Un grazie particolare per questa tappa va dato al prof. Bortolo Calligaro che ci ha fatto prima da accompagnatore e poi da consulente per la stesura dello scritto di questa tappa.

Non perdetevi la prossima tappa!

Un foto racconto di Cadore designer © 2012
pagina creata: 31-10-2012
ultimo aggiornamento: 08-06-2015
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